Smirna Kulenovič, Our Family Garden
Sarajevo, 15 agosto 2021
Ci sono eventi collettivi non reiterati che hanno una valenza che va oltre la loro datazione. È importante non smarrirli. “Our family garden”, performance dell’artista bosniaca Smirna Kulenovič, rientra in questa categoria. Nella sua unicità ha veicolato valori eterni che non possono essere relegati al 15 agosto 2021, data dell’accadimento.
Smirna Kulenovič si è avvalsa “di elementi naturali per il superamento dei traumi sociali e individuali e per la difesa della memoria”. Ha lavorato a lungo, con l’aiuto della mamma e della nonna, per liberare dalle pietre e dai rovi la trincea tra Kovačiči e Soukbumar, primo luogo di resistenza durante l’assedio di Sarajevo. Per mesi serpenti striscianti tra l’erba e cani randagi sono stati la minaccia costante di un lavoro faticoso su un terreno traumatizzato come il paesaggio della Bosnia, paese che non è Europa se pur nel cuore dell’Europa. Durante il conflitto (1991-1995) plastica, polveri da sparo, metalli, mancanza d’acqua, oggetti appartenuti a chi sa chi e resti umani sono stati inglobati dalla natura. All’apparenza il bosco di questi monti dolci, dai quali si sparava su Sarajevo, non presenta ferite, eppure cela il dolore, quasi prendendosi la responsabilità degli errori umani. Soffre. Ad un’analisi bio-chimica del terreno la violenza subita risulta evidente.
“Our family garden” è stato animato da donne vestite in rosso, colore del sangue, colore della violenza che nei teatri di guerra hanno conosciuto vedendo figli e mariti assassinati, esponendo i propri corpi ad atroci umiliazioni. Sono arrivate da diverse località della Bosnia ma anche dalla Serbia. Guidate da Smirna sono scese tra gli alberi, hanno raccolto delle piante di Calendula e le hanno piantate lungo il bordo della trincea.
La calendula, pianta semplice da coltivare, ha straordinarie proprietà officinali.